La guerra in casa

Pren­do spun­to dal tito­lo di un bel­lis­si­mo libro di Luca Rastel­lo, “La guer­ra in casa”, in cui, par­ten­do dai con­flit­ti che han­no distrut­to la ex Jugo­sla­via, Luca rac­con­ta la guer­ra che è in noi, le sto­rie di car­ne­fi­ci e di vit­ti­me, di mili­ta­ri e civi­li, di pro­fu­ghi e di pea­ce­kee­per. E l’impegno di colo­ro che han­no cer­ca­to, non poten­do oppor­si a una vio­len­za che ci tro­va­va e ci tro­va impo­ten­ti, di impe­gnar­si nell’accoglienza, nel volon­ta­ria­to, nell’aiuto. “La squal­li­da epo­pea di gene­ra­li e sol­da­ti del­le Nazio­ni Uni­te, e il fal­li­men­to dell’ideologia uma­ni­ta­ria. Ma anche l’accoglienza a Tori­no di cen­ti­na­ia di pro­fu­ghi e il coin­vol­gi­men­to appas­sio­na­to di per­so­ne comuni.”

In effet­ti Luca negli anni del­la tra­ge­dia jugo­sla­va, ha costrui­to una rete di acco­glien­za e di aiu­ti che ha con­tri­bui­to a sal­va­re mol­tis­si­me per­so­ne: un docu­men­ta­rio, “Un pas­so più in là”, ten­ta di rico­strui­re la sto­ria che lo ha visto protagonista.

Ma la guer­ra nel­la ex Jugo­sla­via degli anni ’90, non è sta­ta l’ultima “guer­ra in casa”: l’elenco sareb­be trop­po lun­go, ma basti pen­sa­re all’Iraq, alla Siria, all’Afghanistan. Ogni guer­ra è in qual­che modo una “guer­ra in casa” per­ché ci riguar­da come uomi­ni, par­te di una casa comune.

E oggi la Rus­sia e l’Ucraina, pae­si euro­pei, che sen­tia­mo (e non dovreb­be esse­re così!) anco­ra più vici­ni a noi per affi­ni­tà sto­ri­che e culturali.

Cosa fare? Sicu­ra­men­te l’I.C. Vit­to­ri­no da Fel­tre vive con gran­de tre­pi­da­zio­ne que­sti gior­ni: se ne par­la in clas­se e si orga­niz­za­no rac­col­te di beni di pri­ma neces­si­tà, di abi­ti e, per­ché no, di gio­cat­to­li. E ci si pre­pa­ra ad acco­glie­re i pro­fu­ghi: al Regi­na Mar­ghe­ri­ta stan­no arri­van­do alcu­ni bam­bi­ni con malat­tie oncologiche.

Orga­niz­za­re una rac­col­ta di Isti­tu­to in que­sto momen­to è com­ples­so: il mio invi­to è quel­lo di coor­di­nar­si per clas­se o per ples­so e di appog­giar­si alle orga­niz­za­zio­ni, come il Ser­mig, tipi­ca­men­te tori­ne­se, che ope­ra­no in que­sto ambi­to; oppu­re alla Cro­ce Ros­sa, all’Alto Com­mis­sa­ria­to del­le Nazio­ni Uni­te per i rifu­gia­ti, alla Caritas…

Fra qual­che gior­no, cre­do, se le armi non tace­ran­no, for­se potre­mo orga­niz­za­re anche qual­co­sa a livel­lo di comu­ni­tà sco­la­sti­ca, ma mi augu­ro di tut­to cuo­re che si tro­vi una solu­zio­ne e che la guer­ra pos­sa esse­re mes­sa da parte.

Vi lascio un pen­sie­ro di Albert Sch­wei­tzer che, medi­co, pre­mio Nobel per la pace, gran­de ese­cu­to­re del­le ope­re di Bach, filo­so­fo e teo­lo­go lute­ra­no, scri­ve nel 1963:

“Sol­tan­to un siste­ma di pen­sie­ro nel qua­le l’atteggiamento del rispet­to per la vita diven­ti una for­za ha la capa­ci­tà di far sor­ge­re in que­sto mon­do un’epoca di pace. Ogni ten­ta­ti­vo solo diplo­ma­ti­co di rag­giun­ge­re la pace non è coro­na­to da suc­ces­so. E’ neces­sa­rio l’avvento di una nuo­va rina­sci­ta (…) nel­la qua­le l’umanità rie­sca a supe­ra­re la meschi­ni­tà di una real­tà vis­su­ta sen­za rifles­sio­ne [e aggiun­ge­rei “sul­la base dell’interesse egoi­sti­co e del pro­fit­to”], per muo­ver­si ver­so un atteg­gia­men­to ispi­ra­to al rispet­to per la vita. Sol­tan­to una cul­tu­ra vera­men­te eti­ca può dar sen­so alla nostra vita e pre­ser­var­ci dal­la distru­zio­ne pro­vo­ca­ta da orri­bi­li guer­re, pri­ve di sen­so. Sol­tan­to que­sta cul­tu­ra può far sì che nel mon­do si instau­ri­no con­di­zio­ni di pace.”

For­se il com­pi­to di noi docen­ti e geni­to­ri è pro­prio quel­lo di tra­smet­te­re e inse­gna­re una “cul­tu­ra eti­ca”, fon­da­ta sul­la giu­sti­zia e sul­la pace.

Gior­gio BRANDONE